Molti, in queste ore, rimarcano l’assenza di un Ministero dello Sport nell’esecutivo Draghi. Concordo ma non mi stupisco, atteso che il governo porta la doppia firma di Mattarella e Draghi.
Di certo, la delega per lo Sport ci sarà, e sarà assegnata a un sottosegretario che dovrà rispondere pienamente al Presidente del Consiglio dei Ministri.
Semmai, è da augurarsi che si tratti di una personalità “competente” e “capace” in grado di risollevare un movimento che non è solo di vertice, ma anche di base, amatoriale, scolastico e che ha messo radici sempre più solide nel mondo del benessere.
Questa la sua parte visibile, poi vi è il capitolo infrastrutturale, di relazione sociale e, per finire, non certo per ultimo, economico.
Lo sport, e lo scrivo da giornalista sportivo aderente all’Ussi ormai dagli inizi degli anni 90, al pari di tutte le altre componenti della società, non ha mai attraversato crisi più profonda dalla istituzione della Repubblica.
Spariscono le società per mancanza d’impianti e liquidità, le strutture sportive scarseggiano e quelle poche che ci sono peccano in manutenzione e gestione, si continua a lucrare su fenomeni da baraccone spacciandoli per campioni mentre il mondo degli appassionati che si riversava nelle palestre e nelle piscine, ha appeso al chiodo guanti, scarpette e calotte.
Dall’altro lato si prova, con l’aiuto delle tv, a salvare la parte più spettacolare di un mondo oggi avvolto dalle nebbie. Chi ha governato la pandemia ha marginalizzato il movimento agonistico e dilettantistico – sarà la storia a dire se avrà operato con giustezza o meno – tarpando le ali ai sogni di tanti (soprattutto giovani e giovanissime leve), azzerando il sistema economico che è base su cui fondare le gesta sportive.
Anche la presenza del Tricolore, vessillo comune a tutti gli italiani, è stata messa a rischio ai giochi della prossima Olimpiade. Si è salvato capra e cavoli solo all’ultimo momento e, piace dire ai giornalisti, anche dietro la pesante campagna di stampa e mediatica sviluppatasi in quei giorni. Adesso bisogna voltare pagina, non ripartendo dagli errori, perché di errori si tratta, ma dalla necessità di dare nuova luce e nuovo volto al movimento azzurro: appassionati, praticanti, atleti e team di vertice.
Confidiamo nel futuro, cioè in una persona che al Governo non riporti ma risolva le questioni lasciate aperte sul tavolo dello sport.
Lo dobbiamo ai nostri ragazzi, ai nostri atleti, alle nostre società, a noi stessi. Lo dobbiamo al nostro Paese perché anche attraverso lo sport corra guardando avanti, lasciandosi alle spalle la triste parentesi pandemica.
L’Olimpiade è dietro l’angolo, lo sport non può più aspettare.