Non toglietemi Montalbano, o scateno tutti i Catarella d’Italia.
L’8 marzo la Rai metterà in onda l’ultima puntata della fiction con protagonista il commissario televisivo più amato d’Italia.
Molti pensano – e anche a ragion veduta – che sia l’ultima “prima” della lunga serie di film che ha fatto conoscere la Sicilia, o meglio, la Sicilia verace e vera, sabbiosa e selvaggia, monumentale e misteriosa al resto del pianeta, più del Festival di Sanremo e forse al pari della Nazionale di Bearzot.
Castrare Salvo Montalbano, è come voler chiudere il sipario su un cammino ventennale, percorso dalla televisione italiana a braccetto con le terre isolane che hanno creato dal nulla la magia “Montalbano del piccolo schermo”, grazie alla geniale ed ecclettica irriverenza professionale di Alberto Sironi, probabilmente il regista più rivoluzionario e innovativo della storia recente della televisione italiana.
Perché nei libri di Camilleri, Montalbano non è pelato, ha persino i baffi; solo un grande staff di registi, autori, produttori e attori ha saputo modificare l’idea stessa di Montalbano per renderla visivamente compatibile alla “immortale” icona zingarettiana che, per oltre un ventennio (non pronunciate questa parola, dinanzi al fratello di Zingaretti), è stato il commissario televisivo: unico, a tempo pieno, a tutti gli effetti.
Per dire che la tv è andata oltre il grande Camilleri che ha creato il personaggio e l’immaginario mondo di Vigata (sebbene pensandolo nei pressi di Agrigento), mentre la produzione televisiva gli ha tagliato baffi e capelli, gli ha dato una sgangherata Fiat Tipo da far girare tra i monumenti naturali, paesaggistici, rurali e architettonici del ragusano e del siracusano, appollaiata sulla battigia del mare più bello del mondo.
Un mondo nuovo, un nuovo mondo che resta sospeso tra l’immaginario e il reale, e di cui ognuno di noi conosce ogni angolo. Un mondo nuovo, un nuovo mondo esportato all’estero, come il più prezioso dei nostri tesori, dai colori dominanti: la pietra bianca dei palazzi, l’azzurro del mare, tutto esaltato dalla luce del Sole isolano.
Logico che proprio in questo lembo di Sicilia oggi s’incazzino, censurando il probabilissimo stop alla produzione televisiva. Sindaci e non sindaci, datori di lavoro e lavoratori, disoccupati, giovani e anziani, uomini e donne, poliziotti e ladri (per rimanere nello spartito della fiction televisiva) si chiedono se non sia giusto, invece, provare tutte le carte per evitare che la storia s’interrompa, 20 e più anni dopo.
Vero è che Camilleri e Sironi sono andati via, quasi a braccetto, in 20 giorni, vero che il grandissimo Marcello Perracchio ci guarda da lassù, vero che nel corso del tempo la produzione ha accusato altri colpi, ma è pur vero che la sterminata fabbricazione letteraria di Camilleri, permetterebbe la realizzazione di film con Salvo Montalbano protagonista, almeno per altri 40 anni.
Luca Zingaretti dicono che si sia stancato di fare Montalbano.
Dicono che non vuole che la gente lo identifichi in Montalbano.
Dicono che quando va a comprare il pane, lo chiamino Salvo e non Luca.
Non lo conosco, salvo una fugace stretta di mano a Ispica e una foto scattata credo nel 2006, chissà dove conservata.
A lui si appellano in molti perché, assieme alla produzione, Montalbano non finisca nelle teche ma continui a vivere nella Sicilia dei sogni, esplosa a suon di audience nei canali televisivi del mondo intero, tramutatasi nel fenomeno turistico più insolito di tutti i tempi, tra grandi tour nei luoghi di Montalbano e soggiorni con emozioni mozzafiato lungo la costa sicula.
C’è da inventare un regista, c’è da inventare uno sceneggiatore ma nel ragusano e nel siracusano pensano, probabilmente giustamente, che la strada sia già ben tracciata.
E’ come fare il tagliando alla macchina ancora buona, ed invece si pensa a rottamare la macchina, ancora buona e marciante. Ma siete matti?
Scommettere su Montalbano, dunque.
Si può, si deve.
La Sicilia ha bisogno del Montalbano televisivo e Montalbano ha bisogno della Sicilia televisiva. I siciliani hanno bisogno del Commissario, il Commissario ha bisogno dei siciliani. La vita reale ha bisogno del mondo immaginario di Vigata.
Altrimenti i Catarella d’Italia… non vi daranno scampo.