Tu chiamale, se vuoi, emozioni.
Dalla “bolla” del Flaminio, nell’Italia dei Dominguez, Troncon, De Rossi e compagnia, abbiamo trascorso anni interminabili ad inseguire quella scintilla che innescasse l’incendio di una Nazionale competitiva sul palcoscenico del Sei Nazioni.
Abbiamo raccolto qualche lampo episodico e un numero imprecisato di cucchiai di legno.
Anni di umiliazioni, di “vorrei, ma non posso”, di ironie ingenerose sulla inferiorità quasi genetica del rugby italiano rispetto ad altre squadre nobilitate da quattro quarti di nobiltà ovale, dal rugby sport nazionale, dalle scuole e dalle università popolate da giovani guerrieri.
All’improvviso, ma non tanto, la rifondazione azzurra post-mondiale, targata Quesada, apre uno squarcio di colore sul fondale nero delle delusioni infinite: prima l’Inghilterra, contro la quale rischiamo persino di vincere; poi la Francia, con quel maledetto palo a innescare la ghigliottina che taglia secca i punti della nostra prima vittoria contro i Galli, lasciandoci solo uno storico, ed amaro, pareggio.
Fino a oggi, all’Olimpico, contro una Scozia fin qui vigorosa e in palla, accompagnata anche nelle lande italiche dalle note rusticane di Flowers of Scotland e dal fascino antico delle cornamuse che garriscono al vento.
Proprio oggi i nostri ragazzi, novelli cuori impavidi, hanno deciso di scrivere la storia: lo hanno fatto arando ogni metro per ottanta lunghissimi minuti, sostenendo l’impatto fisico dei marcantoni in maglia blu, resistendo sulla linea del Piave per poi esplorare al contrattacco le verdi vallate delle Higlands, saccheggiando gli insediamenti nemici, difendendo il bottino fino alla fine della battaglia, con i muscoli, il cuore, il coraggio di quindici, e più, leoni.
Un pezzetto di storia, minore certamente, ma pur sempre storia.
Quel pezzetto di storia che oggi ci fa alzare la testa, guardando finalmente dritto negli occhi l’aristocrazia europea della palla dal rimbalzo sbilenco, per dire, senza il corollario di risatine di scherno, “ci siamo anche noi”.
Ci siamo, eccome, con un tricolore bianco, rosso e verde che sventola orgoglioso ad avvolgere la Cuttitta Cup.
Avanti così, Italia.